domenica 28 dicembre 2008

sabato 27 dicembre 2008

giovedì 25 dicembre 2008

L'addio-una storia melensissima!!


L'aria gelida investì quasi con rabbia il volto pallido e tirato di Beth,quel rigido mattino di novembre. Sulla casa il cielo pesava come fosse stato di piombo.E di piombo pareva tutto;gli alberi che sotto le loro chiome avevano visto passeggiare tutta la famiglia, il lago che aveva ospitato tante gite in barca,ma la cosa che più di tutti pesava era il cuore,sepolto dentro al petto.Beth quella notte non era riuscita a riposare neppure un attimo.Aveva percorso,scalza i corridoi che l'avevano vista correre,con dita fredde aveva sfiorato le pareti, i corrimani, aveva immerso i piedi nudi nei tappeti,come faceva da piccola,si era dondolata sulla vecchia sedia a dondolo in cucina, era salita in soffitta,si era affacciata dalla minuscola finestrella ovale seminascosta dall'edera.Se solo si fosse fermata un attimo, avrebbe capito che quella forse sarebbe stata l'ultima volta che la sua anima avrebbe accarezzato quei luoghi.Sarebbe stata sicura di provare la stessa sensazione di assoluto nulla che l'aveva invasa quando Franz le aveva portato la notizia della morte di Diane. Si era messa a correre, a correre lontano.Non avrebbe potuto piangere,non sarebbe riuscita a piangere.Quella mattina gli occhi di Elizabeth erano gonfi,pieni del pianto che non erano riusciti a tirare fuori.Sembrava quasi un fantasma, quando era uscita dal portone principale,al braccio di Franz.Da sola non ce l'avrebbe fatta,a varcare quella soglia.Le guance che un tempo erano state le più belle da baciare erano quasi parte delle ossa.Gli occhi erano scuriti dall'ombra delle ciglia,i capelli lasciavano spazio alla fronte,bianchissima anch'ella.Se fosse stato solo per la casa,e se solo Amy fosse stata al suo fianco,il lasciarla non sarebbe stato così straziante.Amy,Amy! Ovunque Beth posasse lo sguardo,vedeva la sorella.A tratti credeva di impazzire.La vedeva,seduta al vecchio piano,i suoi bei capelli castani,gli occhi color fiordaliso,quell'aria strana,distaccata,quando sfiorava i tasti bianchi e neri.Anche Beth li aveva sfiorati,ma erano troppo bianchi,troppo freddi.L'aveva vista vicino al camino,sul tappeto.Si era stesa accanto a lei.Era piccola.Il fiocco rosso nei capelli,lo ricordava ancora.L'aveva sentita cantare,aveva cantato anche lei.Ma alla fine,era solo una Beth piegata dal dolore che cantava la vecchia marcetta,sola.del fiocco rosso nessuna traccia.Eppure era certa di averlo visto.Così come era certa di aver visto Amy sul vecchio sgabello,intenta a cucire.Beth aveva allungato una mano per toccarla,ma aveva accarezzato solo una vecchia spalliera.E le lacrime le si erano barricate dentro agli occhi.Tutto era un addio.La casa era Amy.Lei non lasciava la casa,lasciava Diane.Ma non c'era più tempo.La carrozza attendeva,i bauli con quanto era stato permesso loro di portare erano già issati.I cavalli scalpitavano.Due ufficiali si erano affrettati a piazzarsi davanti al portone.Uniformi blu dappertutto.Beth lanciò un ultimo sguardo alla finestrella della soffitta.Ancora una volta le sembrò di scorgere la sorella che le rivolgeva un mesto segno d'addio,lo stesso di quando era fuggita per Vienna.Beth non le aveva risposto.Era furiosa a causa di Wolfie.Wolfie,Wolfie!Era tutta colpa sua!

Lasciò cadere lo sguardo sulla bimba che portava in braccio. -Diane...-sussurrò.Le sfiorò una guancia.Era morbida e calda...

La servitù era in attesa, fuori dalla porta,in fila.

Beth si avvicinò alla donnina in abito nero,che,scossa dai singhiozzi,afferò le mani della padrona.

-Charlotte...sei stata sempre fedele.Grazie...-disse,facendole scivolare nelle mani gelate tre scellini.-Questo...è ciò che posso darti- disse, facendole cadere nel grembiule un piccolo orologio d'argento.

Poi c'erano Amélie, Katherine, agnes,Josephine...e tante,tante altre,che in piedi aspettavano di dare un ultimo saluto ad Elizabeth,che era stata tanto buona con loro.Ognuna di loro aveva una storia alle spalle,altre,le più giovani erano nate lì.Era casa anche loro,non bisognava dimenticarlo.Ad ognuna Beth aveva una parola di conforto,detta con il cuore,e ad ognuna affidava una piccola parte della casa.C'era chi,in pegno per la sua fedeltà,aveva ricevuto un quadretto,chi un libro di preghiere,altre fiori secchi in piccoli mazzi.La più piccola si chiamava Marianne.Aveva sette anni.I lunghi capelli biondi le scivolavano davanti agli occhi,mentre si nascondeva dietro le gonne della madre.Beth la prese in braccio,le soffiò il nasino.-Anche tu sei stata brava...-le disse,passando oltre,con il cuore sempre più gonfio.Ultima,c'era Solange.La povera donna era dritta,accanto la colonna di marmo,uno dei pilastri della casa.Una dei pilastri della famiglia...portava un lungo abito nero,il migliore.Il suo vecchio volto raggrinzito era teso dal dolore.I capelli erano come sempre impeccabili.Nulla di lei era cambiato.Le sue vecchie mani nodose,che avevano sculacciato e preparato,pulito e riassettato,accarezzato,consolato.Quelle vecchie mani che avevano visto nascere la loro madre,e poi lei,lei ed Amy, ed i suio figli.Aveva raccolto tre generazioni.Quella donna che,per settant'anni aveva fatto il suo dovere,era rimasta fedele anima e corpo alla famiglia,che ogni mattina si alzava alle quattro,sempre borbottando,si riassettava i capelli nella grossa cuffia bianca,afferrava mestoli e padelle e governava la casa.Quando era stata accolta dalla famiglia di Isabella,il giorno di Natale,all'orfanatrofio, aveva solo cinque anni.Era stata sbattuta in cucina come semplice sguattera,poi era stata messa ai piedi del letto della padrona,aveva fatto nascere Isabella,era diventata la sua bambinaia e cameriera personale.L'aveva assistita nella fuga da Venezia,le era stata amica quando aveva perso suo marito,aveva fatto nascere lei e la sorella.Si,anche Amy.Era stata lei che aveva scelto i loro nomi.Era stata di più che una semplice parte della servitù di casa De La Mare.Si ricordava ancora,il giorno del suo ritorno a casa,Solange,ritta sugli scalini,davanti alla stessa colonna di marmo,sempre lì.Presente sempre,nelle disgrazie e nelle gioie.Ed ora?

Beth la guardò.No,non poteva lasciarla. -Solly...-

-Elizabeth De La Mare,io vengo con te.Sono la tua bambinaia.Ed una ragazza senza bambinaia è peggio di una sgualdrina.-sentenziò,guardandola fissa negli occhi.

-Tu devi piangere. - proseguì.

Beth la abbracciò.Si,non poteva lasciarla...o era il contrario?

Solange con il suo burbero modo di fare si slacciò dalla stretta,e,presa in braccio la bambina,salì sulla piccola carrozza coperta parcheggiata sul piazzale,accanto ad una fontana che non zampillava più.

Era il momento.Sentiva che doveva farlo.Strinse forte il medaglione al collo e con passo spedito si accostò al colonnello,che,seduto volgarmente sugli scalini era intento a fabbricarsi del tabacco.

-Ascolti.- la sua voce era chiara e fredda come mai era stata prima.

- Vi siete presi la casa e tutto ciò che era nostro,ma mi dovete promettere una cosa.-

-Cosa?- disse sgarbatamente il colonnello.

Beth scandì bene le parole.

-Non dovete toccare la servitù. E le ragazze che sono con loro.-

Il colonnello fece un sorriso beffardo.-Come pensate di impedircelo?Ci sentiremo tanto soli...-

Ad un tratto alle spalle dell'uomo ne apparve un altro.

-Via di qui!-esclamò.

Il colonnello battè i tacchi e si tolse dagli scalini.

-Signora,-disse.-Sono inglese anch'io.Dite a me cosa volete che vi prometta.-

Beth si guardò attorno,Franz era accanto a lei.Era sempre stato accanto a lei.

-Voglio che non tocchiate la servitù.Ci sono delle ragazze,e...delle bambine.-

-Certo.Vi dò la mia parola d'onore.-

Beth alzò ,lo sguardo.Sotto il cappello blu, gli occhi del generale erano sinceri.Sentì che si sarebbe dovuta fidare.Proseguì.
-E poi...non voglio che facciate... scandalo in questa casa.-Il suo sguardo volò sul poggio di fronte,seminascosto dai salici.

-Lì...sono sepolte...mia madre e ...e mia sorella.Abbiate rispetto per...per loro.-

-Vi dò ancora la mia parola.Questa marmaglia non farà nulla di ciò che avete detto.-

Beth era stupita.Un suo nemico...che aveva avuto...pietà? Che non l'aveva aggredita o insultata con parole ingiuriose?

-Vorrei sapere...perchè lo fate.-

Il generale si tolse il cappello.

-Anche io sono di qui...e non credo in questa guerra.Ho solo la fortuna di tenere tutti sotto di me,e vi posso promettere che tuto ciò che avete chiesto sarà rispettato.In quanto a lei...spero che tutto questo finisca...e presto.-

Beth si voltò,corse verso la carrozza.Di cosa avrebbe dovuto ringraziare?Che cosa ancora la tratteneva?

Il cocchiere fece schioccare la frusta.Solange era accanto a lei,Franz dall'altra parte,le teneva la mano.I bambini dormivano.In quell'istante provò un terribile desiderio di piangere,ma le lacrime non volevno uscire.Era come se uno strato troppo spesso di dolore si fosse accumulato tutto in una volta,ed era troppo per farlo uscire.Si voltò.Dal vetro dietro la spalliera vide la casa allontanarsi.-Amy...-sussurrò.Stava andando via da lei!

-Franz!Di' al cocchiere di fermarsi!-

-ma Beth...-

-Subito!-

Beth scese dalla carrozza,bruscamente fermata.Inciampò nel pedellino,cadde nella polvere rossa.

-Amy!-

Le rispose soltanto il fruscio del vento.

-Amy! Amy!-

...

-Amy!-

In quell'istante un usignolo si mise a cantare.Le note,limpidissime salivano e giungevano fino al suo orecchio.Cercò di vederlo,magari su un albero,ma ne udiva solo il canto.

-Amy...-sussurrò piano.

Si alzo,e si incamminò verso la carrozza barcollando.Aveva capito.Sarebbe stato così,come l'usignolo.Non lo aveva visto,ma ne aveva udito il canto,e non sarebbe stata mai più sola.Amy era ormai nel suo cuore,e in qualunque istante avrebbe potuto ascoltarne il canto,la risata!

La carrozza ripartì.Con lei c'era Solange,suo marito,i figli.Claude dormiva tra le braccia del padre,mentre Diane si succhiava rumorosamente il dito.Solange borbottava che se avesse continuato così le si sarebbe rovinata tutta la bocca.Beth appoggiò la testa sulla spalla di Franz,e per la prima volta,dopo tanto tempo si mise a piangere.Sarebbero rimasti uniti.

Per sempre.


mercoledì 24 dicembre 2008

Dal diario di Beth


Lo scalpiccio degli zoccoli sul terreno poco battuto e i violenti scossoni della carrozza erano gli unici rumori che udivo da ore,ma che dico! Da giorni!Cominciavo ad essere stanca della monotonia di quel viaggio,fuori dal finestrino filavano paesaggi tutti uguali,da quando eravamo usciti dalla Germania non avevano fatto altro che susseguirsi campi coltivati e foreste spoglie.Gli alberi nudi tendevano le braccia al cielo,quasi ad invocare la primavera.Ogni tanto un gregge solitario di pecore invadeva il mio campo visivo.Poi d'un tratto,nel bel mezzo dell'ennesimo branco di pecore vidi un raagzzino.Niente di male,durante il viaggio avevo incontrato una miriade di pastori,ma questo impugnava un violino e con mano incerta eseguiva note tremolanti.Quel ragazzo era vestito poveramente e il volto era nascosto dallo sporco e da un enorme cappello;per un istante,il tempo di un battito di ciglia, a questo ragazzo se ne era sostituito un altro,un fanciullo dai biondi capelli che vestiva un'elegante marsina e che suonava una musica che...ma quell'attimo passò, e il fanciullo scomparve, ma la musica,la musica rimase.Non veniva da fuori,ma dal profondo del mio cuore. era il mio amore per Wolfgang Miller che si esprimeva in musica.Chiusi gli occhi,ma quel suono non spariva,anzi cresceva,mi inseguiva tormentandomi, poi ad un tratto svanì.Aprii gli occhi con ancora le ultime note che mi echeggiavano nelle orecchie, e quale fu il mio stupore nel vedere seduto davanti a me un giovane,ed il mio stupore era dovuto al fatto che fino ad un secondo prima non c'era nessuno in carrozza,o forse era stata un'ora prima,o un minuto,per quanto ero stata sopraffatta dalla musica?
-Ehi signorina,dico a lei! ma ci sente?Ho detto:buonasera!-
Durante il mio lunghissimo viaggio si erano susseguiti viaggiatori di tutte le nazionalità;da un gruppo di francesi che avevano cicalato a più non posso in un qualche dialetto incomprensibile ad un soldato inglese che blaterava incomprensibili sproloqui,ma mai nessuno mi aveva rivolto la parola,e soprattutto in quel tono aggressivo ed impertinente.Nella carrozza era già buio e mancavano poche ore all'arrivo,non riuscivo a scorgere il viso del giovane a causa del buio e della zazzera,come avrebbe detto Adele.Il passeggero mi aveva rivolto la parola in tedesco, lingua che capivo alla perfezione,ma, in quanto alla pronuncia...
-Buonasera.la invito a non rivolgermi la parola-
-Lei desidera che io le chieda di parlarle!- rispose in tono insolente.
-Le ho detto di stare zitto!-ribattei stizzita -e la prego di non fare l'impertinente con una come me.-
-Come dice lei, madama.mio Dio,non avevo capito di essere al cospetto di una principessa!-
Si tolse il cappello scimmiottando un inchino.
-Madama,permette?-
Si levò gli stivali e appoggiò gli stivali sul sedile accanto al mio.
-Signore,lei è di una maleducazione inaudita,non ho intenzione di fare un centimetro in più accanto a lei.-
-Andiamo,via! Mi deve sopportare fino a Vienna,dove sarebbe sola,in una città sconosciuta,dove qualcuno potrebbe adocchiare...le sue grazie-
e lanciò un'occhiata significativa al mio corsetto.
Io ero rimasta soffocata e senza parole dallo sdegno.Come osava rivolgermi frasi così deliberatamente offensive?Mai nessuno aveva osato trattarmi così.Non rispose e il giovane continuò nei suoi discorsi impertinenti.Io fui tentata di mettermi a litigare,ma raccogliendo le sue allusioni mi sarei mostrata non degna del mio rango,così mi sistemai lo chignon e guardai fuori dal finestrino per un pezzo,fino a che non mi accorsi che il giovane aveva lasciato il suo posto ed era venuto a sedersi vicino a me.Io mi scostai,mìnon sapendo più come fermare quel ragazzo insolente.Ma lui,avendomi vista scostarmi mi prese il viso tra le mani con una mossa rapida,aveva delle mani straordinariamente forti e agili,da musicista e mi costrinse a guardarlo negli occhi.io ero sdegnata,mai nessuno prima aveva osato toccarmi senza il mio permesso;ma i pensieri svanirono quando quando lo guardai.Era molto bello,di una bellezza insolita e particolare e molto diversa da quella di Wolfgang.Il volto era incorniciato da lunghi capelli castani che scendevano in morbide onde sulle spalle,gli occhi poi erano meravigliosi,con pagliuzze verdi e dorate,aveva zigomi alti ed i lineamenti piuttosto regolari,labbra ben disegnate e dorso dritto.Io chiusi gli occhi,mi liberai da quella stretta e dissi furente: -Non sono disposta ad accettare violenze da nessuno,ne' tantomeno da uno sconosciuto,sia pure...-
Tacqui improvvisamente,mordendomi il labbro.Stavo quasi per dire "bello come voi",ma mi ricomposi nervosamente,con il cuore in tumulto,cercando di sentirmi offesa contro lo straniero,ma...inutilmente.Guardando il mio riflesso sul vetro della carrozza,notai che lui mi fissava ancora, così mi voltai mi voltai e guardandolo dritto negli occhi,domandai con voce piatta:
-Ebbene signore.Desidera qualcosa?-
Lui rispose prontamente.
-Sì,mi vorrei presentare:Herr Franz Heiden,al suo servizio.-
e cercò di prendermi la mano,ma io, ricordandomi improvvisamente di un'altra persona che si era presentata esattamente così,ritirai la mano senza un sorriso ed esclamai:
- Non mi interessa il vostro nome,e la prego come ho già fatto in precedenza di non rivolgermi la parola.
Lui parve stupito,ma non ribattè,e si limitò a sorridermi. Improvvisamente mi accorsi che il rimbombo degli zoccoli non era più come in aperta campagna,ma risuonavano finalmente in una strada.Tirai le tende,e guardando fuori vidi una strada illuminata,e case,case,case!Ero così felice di essere arrivata dopo un viaggio così lungo,che balzai in piedi,esclamando: Evviva! Finalmente!
Io mi affrettai a tirare giù il mio bagaglio,sperando che il mio compagno di viaggio venisse in mio aiuto,ma lui poco galantemente mi ignorò,anzi,si distese sul sedile facendo schioccare la lingua.Io,soffocando il violento impulso di fargli cadere la valigia in testa, posai a terra il baule e attesi in piedi che la carrozza si fermasse.Tutto d'un tratto il dondolio della carrozza svanì,io ero talmente abituata a quel sottofondo che rimasi interdetta,Ma poi la porta si spalancò,mi precipitai fuori e respirai profondamente l'aria fresca.Ah,quanto mi era mancata!Rimasi un attimo in attesa che il mio compagno scendesse;una calamita invisibile mi diceva di aspettarlo per accomiatarmi da lui.quando fummo entrambe a terra,seguii con lo sguardo la carrozza che si allontanava,e mi girai verso Heiden.Lui mi disse,con voce scherzosa ed insolente: -Ed ora madama,che farà,sola di notte a Vienna?Batterà i marciapiedi?Beh,se così stanno le cose non mi dispiacerebbe affatto avere l'onore di essere il suo primo cliente!-
Rimasi senza fiato dalla sorpresa,mai nessuno mi aveva mai offeso in quel modo! dandomi della...sgualdrina!Ero così furiosa che gli assestai un violento schiaffo,e senza girarmi indietro,mi incamminai,trascinandomi dietro la valigia,con il respiro ancora affannoso dalla collera e dall'umiliazione.
***
A distanza di anni,rimpiango tanto quel breve viaggio in carrozza che feci con l'uomo che due mesi dopo sposai,con il padre dei miei figli,con il giovane dalla "zazzera" che avevo schiaffeggiato,con l'uomo che mi aveva derisa,ma con l'uomo che amavo.

Le Poesie

Ad Amy

Dolce Amy quel tuo viso
pareva un ritaglio di paradiso
circonfuso da un'aura di sole
che al profumo delle viole
qualcosa hanno tolto
tu come una stella,mi guidi.



Rose

Ti rivedo ancora, cercavi di farmi credere a cose
non vere ma anche le rose
che coglievi in giardino...
ti rivedo ancora
stagliata contro il rosso del tramonto
e penso a te, anche se sei lontana.




Speranza

Quando verrai sulla mia tomba,
abbi fede,sappi che io
sono sempre con te.
Porta i fiori,abbi speranza
che io non sia mai morta
ma che sia ancora con te.




Il Prato

Amy,ti ricordi quando
giocando,giocando
ridevamo nei prati
cantavamo a squarciagola,nulla ci importava
ma ora,ma ora?
vorrei rotolarmi giù dalla collina
ma una parte di me
è ormai vuota.




Sogni

chissà quando ci rincontreremo
quando ci parleremo,
ma io so
che davanti a un albero fiorito
parleremo delle cose sparite
e voleremo sulle ali della memoria
tra sogni e gloria.




Fiordalisi

Carissima Amy
non dimenticherò mai quando
quella sera in cui tornai
trovai un mazzo di fiordalisi
in pieno inverno.
Vedendo quei fiori blu
lo sai solo tu,
quanto ho pianto!




Fiori Gialli

Quando ti portai i fiori,
cara Amy
pensai di farti cosa gradita
ma tu mi confidasti impaurita
che odiavi i fiori gialli
così da allora ti portai solo
fiori rosa.




Castagna

Cara piccolina
dalla fata della cucina
alle streghe della cantina
ti divertivi da piccina ad inventar per me.
Io aspettavo,come una castagna
una vera cuccagna
eri tu!
ora sono io....e ti aspetto.







Il mercante e la contessa...


Era il 28 Agosto 1807 quando una caravella carica di stoffe preziose provenienti dall'India,dal Sud Ovest dell'Asia e dal centro di Costantinopoli fece scalo a Venezia.
"Una grande comissione di sete e broccati",recitava il telegramma postato Venezia tre mesi prima, in onore del gran ballo della famiglia Fiorfreschi. "La contessa Isabella Fiorfreschi urgono un nuovo vestito da ballo sfarzoso al punto giusto." recitava ancora il telegramma. E fu così che la caravella Agostina III era sbarcata al porticciolo,con il suo preziosissimo carico, e con a bordo un giovane mercante.Il suo nome era Manfréd Gustave De La Mare,ed i suoi occhi -a detta di tutti-avevano un fascino speciale.A bordo c'era anche suo padre,il ricchissimo banchiere Pierre Auguste De La Mare,un vero asso in furbizia e pieno di risorse. Manfréd era nato a Londra nel 1700,a "Cavallo del Secolo",e ciò gli aveva portato fortuna.Era stato istruito personalmente dal padre,che lo aveva da subito indirizzato agli affari e al lusso del piacere.I risultati si erano presto fatti sentire,e il giovane De La Mare,i cui avi erano contadini,era presto diventato il rampollo più invidiato."La scusa è delle sete,ma in realtà vogliamo lui" ,era il pretesto per averlo ospite d un ballo, e perchè no, anche di qualcosa di più.Il giovanissimo mercante,che sapeva bere sette bicchieri di scotch wisky in un colpo solo,e che comunque rimaneva sobrio, era l'uomo più desiderato dalle giovani dell'epoca. Non vi era famiglia che nell'arco di sette miglia,appena sentiva il nome "De La Mare"che non facesse a gara per invitarlo a cena e non corresse a stringere il busto alla figlia maggiore.Solo le famiglie più ricche,quelle dinastie nobili intramontabili lo schizzavano.E se lo invitavano,si poteva stare certi che era solo per le sete.E basta.Il telegramma aveva parlato chiaro,servivano sete e drappi d'Asia urgentemente. La maggiore delle figlie,una certa Isabella, dava un gran ballo per il suo debutto in società,e avrebbe quella sera stessa dovuto annunciare il fidanzamento con un certo marchese Hortoix.La giovane dunque si sarebbe dovuta prendere un marito di mezza età,lei,che aveva appena sedici anni.E il buon nome della Casata Fiorfreschi sarebbe stato salvo.La giovane,la piccola Isabella Maria Angelica Fiorfreschi,era la prima di quattro figli,dei quali l'ultimo era ancora in fasce.La ragazza possedeva una bellezza strana,famosa in tutta la Contea.Aveva un'indole incredibilmente docile e remissiva,passava ore chiusa nella sua stanza,a sognare una vita diversa.le sue giornate erano puntualmente scandite dai precettori,dal maestro di danza e dall'acconciatore, ogni giorno la fanciulla riceveva la benedizione di sua madre e passava interminabili ore a pregare,sul suo inginocchiatoio imbottito di velluto.Nessuno si sarebbe aspettato quello che appena poche ore dopo sarebbe accaduto.e quella sera stessa avrebbe dovuto giurare devozione ad un uomo del quale a malapena aveva scorto il ritratto,e del quale sapeva solo il nome e la provenienza,Parigi. Quel pomeriggio la giovene Isabella aveva pregato e pianto fiumi di lacrime,sperando inutilmente di schivare la sua sorte.Aveva pianto tra le braccia di Solange,la bambinaia che l'aveva vista nascere,e che avrebbe voluto quanto lei una situazione diversa,dettata dal cuore.La sera prima, era stata scortato nei suoi appartamenti un certo De La Mare, che avrebbe dovuto cucirle su misura un vestito. Era entrato,con disinvoltura,ma appena aveva incrociato gli occhi di Isabella,sentì che sarebbe dovuta essere lei,e nessun'altra. Lasciò che il sarto la misurasse;prima le gambe poi la vita; appena 55 centimetri,la più piccola che avesse mai visto. notò anche che gli occhi della fanciulla erano rossi di pianto,e gonfi,e che le guance avevano ancora un nonsochè di infantile. Per lei scelse una seta chiarissima,come i suoi occhi,che erano color fiordaliso,e in quell'attimo,davanti a tutti,l'aveva guardata negli occhi.Un giovane ed una fanciulla.Che si amarono da subito.

La sera stessa Manfréd la portò via con sé, e davanti a tutti la costrinse a dichiarare il suo amore. Gioachino Fiorfreschi,la sera stessa la cacciò di casa,urlandole parole irripetibili,e la sera fu distrutta.Il marchese di Horcoix rovesciò il piatto di portata, la madre schiaffeggiò violentemente la figlia, il giovane mercante fuggì,con la sua giovane sposa lontano, Solange pianse di gioia.La contessina Isabella Fiorfreschi non aveva più niente,se non il vestito color fiordaliso e Solange,ma in compenso aveva ricevuto molto di più. Una settimana dopo era sposata, un mese dopo giunse un telegramma di scomunica da parte della famiglia, due mesi dopo era vedova e otto mesi più tardi madre,sola, con uno stuolo di servitù in un'immensa tenuta,una persona amica soltanto,la sua vecchia bambinaia,la stessa che tempo prima le aveva letto il teelgramma che annunciava il naufragio della Agostina III in un golfo dell'India,la stessa che aveva asciugato le sue lacrime,la stessa che aveva portato alla vita due belle bambine,a pochi istanti l'una dall'altra,la stessa che aveva loro dato un nome,dato che la madre era troppo debole per farlo,sconvolta dal recente lutto. La più robusta l'aveva chiamata Elizabeth, la più fragile,Diane.
Elizabeth e Diane De La Mare,coloro che assistettero all'ascesa e al declino di un Impero,all'epilogo di una famiglia.